Denutriti, scheletrici, frustati a sangue e trascinati sotto il sole cocente come oggetti, senza acqua né cibo: è il destino di cammelli e cavalli destinati al mercato turistico nel paese delle Piramidi raccontato da un drammatico video realizzato dall’associazione animalista Peta.
È un video durissimo da sostenere, quello con il quale l’associazione animalista Peta denuncia i terribili maltrattamenti a cui cavalli e cammelli sono sottoposti in Egitto. Animali frustati a sangue, trascinati per il muso, schiacciati dal peso dei turisti che sono costretti a trasportare, sotto il sole cocente che batte la città africana. Scheletrici, denutriti, piagati: ferite aperte e non curate, poco riposo, nessuna ombra.
È questo l’inferno degli animali destinati a sostenere l’attività turistica che arricchisce ogni angolo della città, i siti Unesco delle piramidi e della Sfinge, i mercati e i lungofiume che fanno del Cairo una delle più belle e visitate città del mondo. Un’ennesima storia di sfruttamento indiscriminato di animali utilizzati come oggetti, da spremere fino alla loro morte che, spesso, avviene per collasso davanti agli occhi inorriditi, ma mai abbastanza consapevoli, dei turisti stessi. Peta, grazie al lavoro investigativo svolto e dimostrato con immagini eloquenti nella loro drammaticità, denuncia una situazione insostenibile. E così dopo l’Asia, con lo sfruttamento degli elefanti, delle tigri, delle scimmie; dopo i Balcani, con l’esibizione coatta e violenta degli orsi ammaestrati; dopo la Spagna, che sevizia i galgos e i levrieri per le corse dei cani e tortura fino alla morte i tori in nome di una presunta tradizione folcloristica che alimenta soltanto le casse delle arene private, è la volta dell’Egitto.
Le piramidi, Saqqara e Luxor si intravedono sullo sfondo delle immagini girate in maniera quasi amatoriale: sono luoghi frequentati ogni anno da milioni di turisti e gli animali, cavalli e cammelli soprattutto, diventano un ulteriore richiamo da sfruttare fino allo sfinimento. Nel video una cavalla, evidentemente in difficoltà, scivola trasportando il suo carretto e i suoi padroni la picchiano selvaggiamente fino a quando non si rialza. Poco più avanti si vede un cammello costretto ad avanzare strattonato per il muso; in altre immagini le ferite di questi animali, sanguinanti e dolorose, rimandano ad un lungo periodo di mancanza di cure e di attenzioni. «È vergognoso che in Egitto gli animali esausti e scheletrici vengano picchiati e frustati al fine di fare infinite cavalcate sotto al sole, anche quando le loro gambe cedono e gli animali collassano» dice il direttore di Peta, Elisa Allen. Eppure la situazione è proprio questa. E non sembra destinata ad un immediato miglioramento. Per questo l’associazione ha diramato il video collegandolo ad una raccolta di firme da inviare alle istituzioni egiziane affinché intervengano direttamente.
«Caro Ministro, l’Egitto ospita alcuni dei siti storici più affascinanti del mondo, – recita il testo della lettera che si sottoscrive partecipando alla raccolta firme lanciata da Peta e indirizzata a Rania A. Al Mashat, ministro del Turismo della Repubblica Araba d’Egitto – eppure, come ha rivelato Peta, c’è un lato oscuro e brutto in questi luoghi: gli animali che vengono affittati ai turisti per le corse sono vittime di orribili abusi. È tempo che questi animali abbiano una vita migliore, libera dalla sofferenza. Questa crudeltà verso gli animali può essere facilmente risolta mettendo al bando carrozze trainate da cavalli e cavalcate di cammelli».
L’indagine denuncia maltrattamenti e violenza anche nel famoso mercato di Birqash, deputato alla compravendita di animali, molti dei quali destinati al macello perché ormai considerati incapaci di sostenere il peso di fatiche così estreme, oppure destinati ad alimentare il triste mercato dello sfruttamento a fini turistici. «Testimoni oculari hanno osservato cammelli urlanti che sono stati brutalmente picchiati con bastoni da uomini e bambini al mercato di Birqash prima di essere venduti all’industria del turismo» denuncia ancora Peta che invita, per chi preferisce, a chiedere direttamente l’intervento diretto del ministro tramite un tweet da indirizzare a @RaniaAlMashat.
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