Neanche in Asia c’è pace per gli elefanti. Le foto, terribili e impressionanti, non lasciano dubbi. Non è più soltanto l’avorio delle zanne dei pachidermi africani a rappresentare un’attrattiva per i bracconieri. Continua a crescere il numero degli elefanti asiatici uccisi in Myanmar per la loro pelle. E’ questa infatti la nuova frontiera del bracconaggio: uccidere elefanti, non importa se maschi, femmine in età riproduttiva o cuccioli ancora non adulti, per scuoiarli e trasformare la loro pelle in medicinali per il mal di stomaco o perline per collane, da mettere in vendita soprattutto su internet e soprattutto per il mercato cinese. Oppure catturali vivi, sottrargli la libertà e trasformarli in schiavi del mercato turistico, bestie da soma da sfruttare fino allo sfinimento e alla morte.
La denuncia arriva dall’associazione Elephant Family che studia il fenomeno in tutta l’Asia ma soprattutto in Myanmar dal 2014. A loro si deve un rapporto che ad ottobre sarà presentato a Londra e a Sochi, ai prossimi due appuntamenti CITES, la convenzione internazionale che vigila sul commercio di flora e fauna in via d’estinzione. “Questa strage sta mettendo seriamente a rischio la loro stessa sopravvivenza: in Asia, tra elefanti in cattività e elefanti allo stato libero, non si superano i 50 mila esemplari: il 10% appena dei loro cugini africani – spiega Belinda Stewart-Cox, direttore del settore conservazione di Elephant Family – dalle 5 carcasse scuoiate ritrovate nel 2010 si è passati alle 59 nel 2017. Ma nei primi 5 mesi del 2018 ne sono già state ritrovate 11”. Però secondo il Dipartimento forestale del Myanmar la stima che potrebbe essere superiore del 30%.
Gli elefanti asiatici si distribuiscono su 13 paesi. La Thailandia quello dove gli esemplari in cattività sono maggiormente sfruttati per il mercato turistico: imprigionati per tutta la vita in falsi santuari dove vengono fatti esibire dopo un feroce addestramento, oppure sfiancati a forza di trasportare turisti in inutili passeggiate. In Myanmar invece il mercato che sta crescendo sempre più è legato alla pelle: “aumenta la richiesta di pelle di elefante, in tranci o in polvere, da utilizzare per la medicina tradizionale cinese. E le vendite avvengono ormai quasi soltanto attraverso internet”. Mercato secondario quello dei gioielli: collane e braccialetti realizzati con perline che si ottengono con la polvere di pelle di elefante. “Il prezzo dei prodotti varia molto a seconda del mercato e del prodotto specifico – spiega la Stewart-Cox – grazie ad un’ampia ricerca effettuata sulle piattaforme on line, i prezzi dei tranci di pelle venduti on line tra il 2017 e il 2018 hanno raggiunto i 190 dollari Usa per chilo esclusa la consegna. La polvere di pelle di elefante invece arriva più del doppio, fino a 425 dollari Usa al chilo. Variabile il prezzo delle perline per gioielli: si è arrivati da 5 a 32 dollari a perlina a seconda della qualità”.
Medicinali e gioielli sono stati trovati nei mercati di Mong La in Myanmar e Xishuangbanna e Guangzhou in Cina, ma il mercato sembra essere quasi esclusivamente destinato ad acquirenti cinesi. Il timore è che, senza un intervento internazionale importante, il commercio aumenti e la strage non si fermi: “Elephant Family finanzierà squadre di pattuglia anti-bracconaggio in Myanmar per 2 anni e svilupperà un database di registrazione del DNA in Cina e Myanmar – conclude la Stewart-Cox sperando così di riuscire a tenere sotto controllo il fenomeno.
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