Cantano nel blu profondo del mare artico. Io spero che lo facciano perché sono libere.
Avete mai pensato all’oceano Artico come a una jungla? E’ difficile il paragone eppure dal profondo e buio oceano ci giungono tanti suoni e, nel lontano Artico, balene della Groenlandia, beluga, foche e trichechi emettono in continuazione suoni a diverse frequenze. Un vero e proprio concerto con “canzoni” che si ripetono per giorni e giorni.
Ce lo ha raccontato la biologa e oceanografa Kate Stafford invitata alla Triennale di Milano nell’ambito del Festival JazzMi in un incontro dedicato al canto delle balene.
La Stafford conduce da anni uno studio per l’Università di Washington su diverse popolazioni di balene della Groenlandia, che sono le uniche che vivono nell’Artico tutto l’anno, e attraverso vari tipi di microfoni – in particolare con l’idrofono, un microfono galleggiante che rimane sospeso in acqua per un anno ed è acceso 24 ore su 24 – ha potuto seguire gli spostamenti degli animali e i loro ‘canti’, una sequenza di suoni emessi a basse frequenze e trasmessi per chilometri.
Le ipotesi che si fanno sono molteplici: cantano per comunicare e per orientarsi visto il buio in cui vivono ma anche e soprattutto per mettersi in mostra, utilizzando questo stratagemma per accoppiarsi. Sono infatti gli esemplari maschi che per tutto l’inverno, durante il periodo della riproduzione, cantano per ore riuscendo a emettere anche due suoni contemporaneamente nella stessa canzone (a diverse frequenze).
Se il canto delle megattere è assimilabile alla musica classica, quello delle balene artiche è jazz. Questo è il paragone che spiega la scoperta del team di ricercatori guidato dalla Stafford che per quattro lunghi inverni ha studiato la popolazione di balene di Spitsbergen nell’Artico, scoprendo uno straordinario repertorio sonoro.
Ascoltando e studiando ore e ore di suoni la Stafford è riuscita a stabilire che gli esemplari maschi di uno stesso gruppo in un anno canteranno la stessa canzone e, nonostante le difficoltà come lo spessore del ghiaccio, le temperature bassissime e le acque profonde, è riuscita a catalogare fino a 60 canzoni in un anno.
Altre ipotesi plausibili sembrano quelle che le balene imitino i suoni del ghiaccio oppure usino queste canzoni come ammonimento verso gli altri componenti del gruppo o addirittura come una richiesta di aiuto.
“C’è ancora molto da studiare e da capire sul canto delle balene, la mia impressione è che a volte si divertono e basta, ma questa è solo una mia supposizione!” ci racconta la biologa che alle balene della Groenlandia sta dedicando molti anni della sua vita. “E’ un animale superlativo, che può vivere fino a 200 anni, così forte e maestoso che riesce a rompere spessi strati di ghiaccio per venire in superficie. Ha uno strato di grasso maggiore di qualsiasi altra balena e proprio per questo nei secoli è stato cacciato fino a ridurne drasticamente il numero. Ma se smetteremo di cacciarlo vedremo un grande ritorno di questo stupendo animale”.
Kate Stafford ha ragione. La balena della Groenlandia è stata una delle prime vittime dell’industria baleniera e di conseguenza la sua popolazione è notevolmente diminuita prima della messa al bando della caccia, nel 1966. Attualmente vi sono 14.400 esemplari di questa specie: ben pochi, rispetto ai 50.000 che vivevano nelle stesse acque prima che iniziasse ad essere cacciata.
#lascimmiaviaggiante #viaggiareconsapevole #balena #jazz #baleneartiche #nozoo #nocorrida #emptythecage #lalorocasaeilmare
grazie a Barbara ghinfanti, Scimmia Viaggiante in pectore!
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.